IL FEMMINISMO E LO STUPRO POLITICAMENTE CORRETTO


Dove è mai finito quel Femminismo di rivendicazione e lotta, che ha radice storica nella Francia rivoluzionaria e nella Inghilterra vittoriana? Che ne è stato di quello  spirito di cambiamento che animò Olympe de Gouges  nel 1791, e Mary Wallstonecraft nel 1792 a rivendicare per la prima volta nella storia, i " Diritti delle Donne " ? Dopo battaglie vittoriose per il riconoscimento dei diritti  morali e legali delle donne, il Femminismo si era poi battuto giustamente per l'estensione del diritto di voto politico, per il diritto delle donne a poter fare certi lavori e per una loro più adeguata remunerazione.
In tempi più recenti saltano invece in mente soprattutto quelle battaglie del Femminismo post sessantottino, che rivendicavano il diritto al divorzio, all'aborto, alla pillola, e poi la battaglia per la liberazione della sessualità femminile, ritenuta fino ad allora soprattutto funzionale al predominio culturale maschile. Con slogan radicali tipo " Io sono mia ", " Un uomo morto non stupra ", " Sono una strega perché decido io ", " L'Utero è mio e me lo gestisco io " le donne conquistavano ed affermavano dunque la propria libertà sessuale. Da quell'epoca iniziava anche l'attacco alla famiglia tradizionale, ritenuto retaggio culturale patriarcale, il calo demografico perché la carriera aveva la precedenza sui figli, e l'aumento degli aborti perché ormai divenute pratiche legali e sicure.

Il panorama che offre il femminismo oggi appare invece alquanto desolante. Al di là del sesso libero sbandierato ed esercitato in modo sfrontato, certe femministe all'incontro con l'altro sesso si comportano di frequente  secondo convenienza. E poi magari finiscono a piagnucolare se si sentono trascurate o abbandonate. Dell'orgoglio femminista di un tempo qui non resta traccia alcuna. Ci sono invece solo ipocrisia, sesso opportunistico ed antidepressivi.
Oggi esistono molte femministe diffidenti ed astiose nei confronti dell'altro sesso, specialmente se costui è bianco e domestico. Quando però queste incontrano il maschilista potente e straniero, allora si dimostrano subito disponibili a inchinarsi a lui in segno di rispetto e sottomissione. Appartengono a questa tipologia le ministre femministe svedesi che sfilavano in processione dinnanzi al mullah di turno, bardate di palandrane dai capelli fino alle punte dei piedi. Allo stesso modo si comporta di solito l'Alto Rappresentante dell'Unione per gli Affari Esteri e la Sicurezza, la femminista Federica Mogherini quando è in visita a Teheran alla corte di Rouhani. Lo stesso dicasi quando Laura Boldrini si ostenta ossequiosamente velata all'Imam della Grande Moschea di Roma, per poi presentarsi in ciabatte dal Papa in Vaticano.
La stessa Boldrini, femminista solerte a condannare giustamente le violenze del maschio italiano sulle donne ed i femminicidi, è piuttosto restia e lenta a condannare lo stupro di una giovane turista polacca da parte di un branco di giovani multietnici in spiaggia a Rimini. Il femminismo ultimo sembra in molti casi essere addirittura diventato subalterno ad ideali ritenuti piu grandi che si chiamano multiculturalismo, globalismo ed antirazzismo . Dove erano infatti le voci di protesta e le manifestazioni di femministe indignate, in seguito alle molestie, violenze e stupri che centinaia di giovani donne tedesche avevano subito durante la notte di capodanno del 2015 da parte di branchi di maschilisti stranieri, a Colonia ed in numerose altre città della Germania? Silenzio assordante da parte delle stesse femministe che ancora pochi mesi prima applaudivano con tanto entusiasmo al milione di " buoni selvaggi " che entravano nel paese dietro esplicito invito della Merkel. Ironia della sorte però vuole che la maggior parte di questi " selvaggi " fossero giovani uomini con ideali di famiglia a forte impronta patriarcale e talvolta poligama, dove una moglie, scelta nella propria tribù e spesso all'interno della propria famiglia, si limita al ruolo procreativo ed educativo, appare servile e deve essere capace di soddisfare ogni desiderio del marito. Il quale marito poi la premia facendola uscire qualche volta di casa, e la scorta ben tabarrata per strada. Non debba infatti mai accadere che costei cada vittima del " Taharrush Gamea ", ovvero dell'aggressione sessuale in strada da parte di un branco di questi buoni selvaggi.

Durante la stessa estate del 2015 ai Balzi Rossi di Ventimiglia una femminista italiana del movimento No-Border fu stuprata da un migrante africano. Attese più di un mese a denunciare il fatto, perché non voleva contribuire a gettare cattiva luce sui migranti. Intanto lo stupratore aveva probabilmente già varcato la frontiera.
La giovane politica tedesca Selin Goren, femminista ed attivista a favore dei migranti, subì nel 2016 da parte di tre migranti di lingua araba uno stupro. Denunciò inizialmente " uomini sconosciuti che parlavano tedesco " , salvo rettificare 6 mesi dopo. Anche qui la femminista non intendeva in nessun modo alimentare pregiudizio ed ostilità verso gli immigrati.     
Le femministe tacevano pure nel 2016, quando una giovane studentessa di medicina tedesca veniva stuprata da un migrante afghano, che poi la uccideva gettandone il corpo nel fiume.

Sembra che l'elezione del presidente americano Donald Trump abbia ridato un po' di vigore al movimento femminista, specialmente quello americano. Il video con audio pubblicato dal velenoso Washington Post conteneva una frase sessista di Trump:
            " Se sei famoso le donne ti lasciano fare... Anche afferrarle per la f... "
Questo bastò per mobilizzare lo sdegno della Sinistra moraleggiante e delle amazzoni del politicamente corretto, con Scarlett Johansson e Madonna in testa. Secondo tutte costoro, l'odiato potere suprematista bianco era dunque riuscito a insediare nella Stanza Ovale, al posto della tanto attesa Hillary, un demonio egocentrico contro il quale tutte le donne avrebbero dovuto opporsi e mobilizzarsi. Il femminismo liberal americano, con a ruota quello europeo, si erano convinti che l'elezione democratica del presidente Trump fosse in realtà un colpo di stato del maschilismo vecchio stampo, aiutato dal machismo russo alla Putin, e che quindi bisognava unirse tutte all'appello della Sinistra a " far resistenza ". E quasi tutto il jet-set liberal di Hollywood si accodò volentieri a tale chiamata.

Uno dei più illustri ed alti esponenti di tale jet-set era, fino a pochissimo tempo fa, tale Harvey Weinstein. Produttore e promotore nei decenni passati di innumerevoli film di successo e premiati con Oscar ( Pulp Fiction, Shakespeare in Love, Il Signore degli Anelli, Chicago, solo per citarne alcuni ), re Mida Weinstein trasformava in oro tutte le pellicole che toccava. Non solo commercializzava con grande profitto prodotti spesso artisticamente mediocri , ma nei suoi film cavalcava con maestria anche molti dei temi e nobili cause della Sinistra, come l'antimilitarismo, la esposizione della brutalità della polizia, l'oppressione degli indiani e dei palestinesi, le rivendicazioni dei transgender, dei gay e anche del femminismo. E naturalmente era un generoso donatore a sostegno di tali nobili cause, ed anche delle campagne elettorali dei coniugi Clinton e di Obama. Michelle Obama lo definì " persona magnifica! ".Alcuni anni fa, durante la cerimonia dei premi Oscar, la paladina dei diritti delle donne Meryl Streep, da sempre pure impegnata nella battaglia contro la violenza sessuale, abbandonò ogni prudenza. Prese infatti a lodare e ringraziare pubblicamente Weinstein, chiamandolo addirittura ad un certo punto del suo discorso con l'appellativo " dio ".

Essendo ora tale dio d'improvviso precipitato con gran botto in fondo al fondo degli inferi, ora bruscamente Meryl se ne discosta, e manifesta da ottima attrice qual è,  tutto l' orrore ed il disgusto che la situazione richiede.
Anche quell'altra paladina del femminismo americano Hillary Clinton, la quasi-presidente, ha preso subito le dovute distanze dall'ormai ingombrante personaggio, pur essendo stata lei per tanto tempo in pappa e ciccia con Weinstein. Ma forse davvero Hillary è qui la meno indicata a fare commenti, visti i tanti trascorsi eccessi del simpaticone Bill, suo caloroso marito.

Eppure in quell'ambiente tutti sapevano che Weinstein fosse un insaziabile serial predatore di donne. Ma tutti anche sorvolavano e tacevano, alimentando quella congiura del silenzio che tutto sommato ad ognuno conveniva. Già nel 2005 Courtney Love, vedova di Kurt Cobain, aveva ammonito le attrici :  " Se ti invita Harvey Weinstein a qualche festa privata al Four Seasons, non andarci! ".
Tuttavia queste reiterate maialate di Weinstein nei confronti del gentil sesso erano curiosamente rimaste custodite nel subconscio degli addetti ai lavori cinematografici  per più di trent'anni, senza che nel frattempo nessuno avesse qualcosa da obiettare o denunciare. Nemmeno qualcuna di tutte quelle donne di cui egli avrebbe approfittato. Weinstein aveva cuore e portafoglio a sinistra, aveva successo, potere ed era generoso. E questo bastò a contenere i riprovevoli atti del porco strettamente all'interno del circuito del gossip hollywoodiano. Quelli però che contribuirono a mantenere così a lungo omertà a riguardo del mogul erano poi esattamente gli stessi che avrebbero gridato ossessivamente contro il maschilismo Trump, a causa di qualche infelice frase. Da quale pulpito venga dunque la predica, appare essere qui domanda più che legittima. Lo stupro di sinistra sembra tollerato e tollerabile purché non diventi troppo di dominio pubblico.

La congiura del silenzio fu spezzata dal recentissimo " coming out " di due prede dell'orco, le attrici Ashley Judd e Rose McGowan. Lo loro spifferata del 5 di ottobre al New York Times provocò una serie di risvegli di tante belle addormentate nel bosco dell'oblio di Holly, tutte a lamentarsi delle traumatizzanti violenze subite molto tempo addietro da parte di costui. Tra queste vi sono Kate Beckinsale, Lea Seydoux, Gwyneth Paltrow,  Mira Sorvino, Rosanna Arquette, Lysette Anthony. Angelina Jolie, insofferente per gli abusi di droga del marito Brad Pitt, disse che anche lei aveva dovuto subire in passato le abusive avances di Weinstein. Salvo poi dedicargli un protettivo silenzio fino a giusto l'altro ieri. E infine anche Asia Argento ha deciso di saltare sul carrozzone delle suddette prefiche colleghe sue, a versar con loro lacrimucce per tutto il male patito, godendosi intanto la ritrovata attenzione mediatica e sperando magari di rastrellare più avanti un qualche contentino di risarcimento. Su quest'ultimo dettaglio le piagnone nelle interviste però sorvolano: confessare ciò infatti non le farebbe apparire abbastanza femministe.

Appare comunque strano che la Argento non sapesse a cosa andasse incontro frequentando Weinstein, lei sempre così sicura di sé, nuda sui rotocalchi e figlia d'arte cresciuta e vissuta da sempre in quell'ambiente. D'altronde l'ex compagno Morgan avrebbe confermato che Asia aveva tante volte incontrato il mogul, e che non gli era sembrato che Asia si fosse mai lamentata.
Di codesti casi Vittorio Feltri afferma: " Strano che esistano tutti questi stupri consensuali. Le donne, prima la danno via, e poi frignano dopo 20 anni fingendo di pentirsi ". In effetti molte di loro, magari in cambio di una semplice leccatina, hanno poi avuto parti da protagoniste nei film e si sono fatte conoscere. Il " do ut des " ha reso dunque possibili diverse brillanti carriere. Come infatti dice l'avvocato Giulia Bongiorno: " Sesso per fare carriera è prostituzione, non stupro ".  Più dignitose sotto questo aspetto appaiono quindi quelle mercimonianti che non hanno mai negano il proprio coinvolgimento sessuale interessato, come faceva ad esempio Moana Pozzi o Lory Del Santo.

Meglio dunque essere peccatrici veritiere che verginelle ipocrite.

Ma il femminismo puro e duro di una volta ormai non sembra proprio più esistere. Al pari del maschilismo, anche il femminismo pare diventato uno stereotipo sempre meno attraente per le donne, quasi una brutta parola insomma.
 Segno che i tempi cambiano, e non sempre per il peggio.




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