IL MINISTERO DELLA VERITÀ A CACCIA DI MALELINGUE


                                                  " GUERRA è PACE,  LIBERTÀ è SCHIAVITÙ,  IGNORANZA è FORZA "

Così recitava nel romanzo la scritta incisa sulla facciata del Ministero della Verità, da dove il Grande Fratello con la sua propaganda asfissiante teneva in pugno menti e vite dei propri sudditi. Gli orrori totalitari del Nazifascismo e del Comunismo ispirarono George Orwell a scrivere nel 1948 il suo capolavoro " 1984 " . Questo libro  ancora oggi ripropone i suoi temi inquietanti in chiave di attualità a tutti i cittadini di un' Europa ad egemonia globalizzante tedesca.

L'attualità è dunque questa: dal primo di ottobre in Germania è entrata in vigore una Legge che obbliga le piattaforme dei social networks, quali YouTube, Twitter,  Facebook ad agire prontamente e sistematicamente contro tutto ciò che il Ministero di Giustizia di tale paese ritiene sia inappropriato e disdicevole. Detta legge, ispirata indubbiamente ai più nobili immaginabili valori umanitari, intende andare a contrastare la diffusione su internet del cosiddetto " discorso d'odio " e delle " Fake News " ovvero delle bufale. Al tempo stesso tale legge vorrebbe bonificare la rete da tutto ciò che è percepito come " diffamazione ", " offesa " ed anche " minaccia ". Pertanto Google, Twitter e simili sono invitati a cancellare contenuti percepiti come tali dalle proprie pagine.
Velocemente. Entro 24 ore al massimo. Per casi controversi viene concesso più tempo, fino ad una settimana. Tre mesi di rodaggio sono ancora tollerati, ma a partire dal primo gennaio del 2018 si fa davvero teutonicamente sul serio. Se dopo tale data i Social Networks non dovessero ottemperare ai loro nuovi obblighi legali, potrebbero incappare in multe salatissime, fino anche 50 milioni di euro!

Durante un summit alle Nazioni Unite di New York, settembre 2015, la sempre attuale cancelliera Angela Merkel  incontrava Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, chiedendogli cosa mai potesse essere fatto per bloccare i fastidiosi commenti anti-immigrazione. Zuckerberg  la rassicurava dicendole che già se ne stava occupando.
Infatti Facebook alcuni mesi più tardi avrebbe creato il suo " Initiative of Civil Courage on Line ", col preciso scopo di eliminare dalle proprie pagine il " discorso d'odio " e la " xenofobia ". Inoltre, insieme a You Tube, Microsoft e Twitter, Facebook poneva nuove basi di censura: la creazione di una banca dati di raccolta di espressioni e commenti giudicati        " estremisti  ". Chi ricevesse pertanto l'etichetta " estremista ", sappia che da quel momento in poi il proprio accesso internet verso i suddetti social media potrebbe essergli stato barrato.

Il problema è che ora Facebook non solo rimuove quei posts che chiunque dotato di un minimo di equilibrio giudicherebbe razzisti ed offensivi, ma elimina anche tutti quei commenti critici che soltanto Facebook giudica razzisti ed offensivi. La cultura della libera comunicazione, come costruita negli ultimi decenni in rete, viene così duramente colpita. Il danno collaterale di tale provvedimento appare essere quindi soverchiante rispetto a quel vantaggio che ci si era prefisso. Specialmente quando il danno collaterale è a carico della libertà di espressione.

Il ministro della giustizia nel governo Merkel III, il dimissionario socialdemocratico Heiko Maas, ha dunque puntigliosamente allestito detta legge ed organizzato il cosiddetto Ministero della Verità, sezione distaccata del Ministero di Giustizia, per vagliare attentamente ciò che la libertà di opinione dei cittadini piazza in rete. Tale eredità il futuro ministro della Giustizia suo successore nel governo    "  Merkel IV  colori Jamaica  "  svilupperà ulteriormente, ed ispirerà ministri e ministeri degli altri stati vassalli della Unione Europea a fare altrettanto. Tira una certa aria sovietica tra Berlino e Bruxelles.

Intanto attendiamo nella Corte di Giustizia di Monaco di Baviera gli esiti del caso a carico del giornalista Michael Stürzenberger . Egli è accusato dal Pubblico Ministero di aver " recato offesa " all'Islam. La sua colpa? Consiste nell'aver pubblicato su internet una determinata foto. Precisamente quella che ritrae il gran Mufti di Gerusalemme, quell' Amin al-Husseini di allora, nell'atto di stringere affettuosamente la mano al gerarca nazista della Sassonia Martin Mutschmann. Stürzenberger pertanto viene  apparentemente condannato per aver voluto ribadire un fatto storico ed averlo commentato in senso giudicato islamofobo. Intanto la foto incriminata costituisce un segreto di Pulcinella, perché  internet brulica di foto che evidenziano incontri simili. In realtà l'intento del corso processuale sembra quello di voler intimidire, di fare sfoggio di potere giuridico, e di tagliare la lingua a chiunque si sogni di fare rimbrotti o critiche su certi temi. Se Stürzenberger avesse magari pubblicato una foto di Che Guevara che stringeva la mano all'imam dell'Avana, o di alti prelati della chiesa a fare il saluto nazista, nessuno probabilmente si sarebbe scomodato più di tanto.

Un'altra vittima delle inquisizioni di Facebook è stato Imad Karim, noto scrittore, giornalista e regista di origine medio-orientale. La sua grande colpa è stata quella di esprimersi in modo critico sul processo di islamizzazione in atto in Germania, e sulla politica immigratoria del governo di Angela Merkel. Avrebbe dunque fatto meglio a tacere, come tanti continuano a fare? Fare cioè finta che l'ingresso di oltre un milione di immigrati in pochi mesi del 2015 in Germania fosse stato tutto sommato un evento normale e naturale, da accettare serenamente come una pioggia copiosa in autunno?

Nella scia di questi eventi la Federazione Europea dei Giornalisti, corporazione che comprende 320.000 giornalisti di 43 paesi, ha lanciato una campagna intitolata " Mezzi di Informazione Contro l'Odio ". Scopo di tale iniziativa è  contrastare l'odio sui media on line e non, in particolare a riguardo di temi quali le migrazioni, i rifugiati, la religione, i gruppi marginali, la discriminazione, l'intolleranza. La nobile ed umanitaria iniziativa è sostenuta da fondi messi a disposizione dalla Unione Europea. Infatti la Commissione di Giustizia di detta Unione intende contrastare il preoccupante aumento del discorso d'odio, del razzismo, della xenofobia e di altre forme di intolleranza. A tale scopo ha persino messo a disposizione un manuale per i giornalisti, contenente linee guida su come trattare argomenti spinosi quali migranti, immigrazione, integrazione e Islam. Nel libercolo si raccomanda ai giornalisti di esporre sempre grande varietà di opinioni, comprese quelle appartenenti ai migranti. Inoltre non bisogna  mai esporre posizioni estreme, e non riprodurre eventuali discorsi d'odio, quantunque documentati sul campo. Viene raccomandato di contrastare la diffusione di certi stereotipi su musulmani, cercando piuttosto di metterne in luce certi loro aspetti positivi, compresi quelli che riguardano le diversità all'interno del mondo islamico.

E lecito pertanto chiedersi quale sia dunque oggi la missione professionale del giornalista autentico: riportare fedelmente i fatti di cui viene a conoscenza, o piuttosto accettare di fare propaganda per conto di terzi?
E dunque ci si chiede anche che cosa resti di quei bei principi umanitari di libertà di opinione in pensiero e parola che l'epoca dei lumi ci aveva trasmesso. Benjamin Franklin infatti affermava:

" Chiunque voglia rovesciare la libertà di una nazione deve iniziare ad assoggettarne la libertà di parola "

In Italia bisogna intanto fare la massima attenzione a non incappare nelle maglie della giustizia per aver inopinatamente pronunciato la parola " zingaro " in presenza di uno zingaro        (  sebbene tale termine tuttavia continui a sussistere nel dizionario Treccani ), o peggio per aver definito un essere umano di colore come " negro ".
I leghisti di Saronno ne sanno qualcosa. In data 22.02.2017 sono infatti stati condannati al pagamento  di 10.000 € per aver affisso manifesti recanti la parola " clandestini ". La prima sessione civile del tribunale di Milano, bypassando l'articolo 21 della Costituzione, quello che appunto sancisce la libertà di espressione, ha ritenuto denigratorio e discriminatorio  definire  " clandestino " colui o colei che entri in Italia senza averne il permesso. A questo punto avrebbe fatto bene il tribunale ad incriminare, insieme ai leghisti, anche il dizionario Treccani.

" Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo    scritto ed ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad          autorizzazioni o censure. "

Bello questo articolo della Costituzione, da difendere sempre e comunque. Peccato che i Padri Costituenti l'abbiano relegato solo in 21a posizione. Gli americani invece l'hanno posizionato in prima. In cima alla loro Costituzione essi hanno posto il diritto di esprimere opinioni senza censura, limitazione o alcun emendamento legale.  George Washington ammoniva pertanto la giovane nazione:

" Se la libertà di parola viene meno, allora stupidi e muti verremmo guidati, esattamente come pecore verso il macello " .

La nostra libertà di espressione al 21mo posto dunque va ad impattare in ogni giudice che non ritenga disdicevole accogliere mezza Africa in Italia, perché quei migranti in fondo altro non fanno che scappare da guerre e chissà quali privazioni.

L'osservatorioFreedom House giudica la stampa italiana " parzialmente libera ", e Reporter Senza Frontiere ha collocato l'Italia al 73° posto per libertà di stampa. Infatti giornali italiani sono piuttosto legati, i loro titoli condizionati, l'impaginazione dettata, gli articoli selezionati, le parole scontate od omesse. I giornalisti obbediscono ai redattori che obbediscono ai direttori che obbediscono agli editori che obbediscono... Per sfociare magari in quel modello di giornalismo che molti cittadini tedeschi definiscono " Lügenpresse  ", ovvero  " stampa bugiarda ".
Ma limitare la libertà di pensiero costituisce anche un duplice errore: viola il diritto di chi potrebbe ascoltare come di chi vorrebbe parlare. Inoltre offende l'intelligenza e il buon senso.
E poi anche la censura fa figli e figliastri. Inciampa ed interviene su di una parola sconveniente, e poi tranquillamente permette pubblicazione di immense porcate. Come ad esempio quel video pornografico inopinatamente diffuso in rete che ha portato al suicidio una ragazza. Evidentemente la censura non ha fini di giustizia o moralità, ma ha per scopo un controllo politico. Chi canta troppo forte al di fuori del coro viene ripreso e ridotto al silenzio. Basta zittire in modo esemplare una voce per farne tacere cento. Un caso di censura dall'alto genera mille autocensure dal basso.

Da una siffatta società stanno fuggendo via insieme libertà e democrazia. Se non si sta bene attenti, il Grande Fratello sempre in agguato prenderà presto il loro posto.

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