PAPA FRANCESCO BACIA l'IMAM SULLA COSTA DEI PIRATI


Ispirato dall'immagine storica del celebre bacio tra il sovietico Leonid Brežnev ed il capo DDR Erich Honecker, qualche anno fa Benetton aveva ideato una campagna pubblicitaria shock, stile Oliviero Toscani, dal titolo "Unhate". Il montaggio fotografico mostrava personaggi, spesso tra loro in contrasto nella vita reale, scambiarsi un bacio di improbabile pacificazione: Abbas e Netanyahu, Obama e Hu Jintao, Benedetto XVI ed Al-Tayeb. Il Vaticano non digerì affatto bene la qual cosa, e reagì con stizza minacciando procedure legali. Il giorno dopo Benetton ritirò in fretta e furia le gigantografie col papa che sbaciucchiava il leader religioso sunnita. Erano altri tempi, il Vaticano ci teneva a mantenere in piedi una parvenza di dignità, e Ratzinger non aveva ancora gettata la spugna. Durante il suo pontificato infatti il papa tedesco si era speso più volte ad ammonire contro i rischi del relativismo in occidente. Egli era tra i pochi che lucidamente vedevano come tale ideologia avrebbe aperto le porte al nihilismo da un lato, ed all'avanzare dell'Islam dall'altro.


Nel 2006 papa Benedetto aveva tenuto una lectio magistralis nell'aula magna dell'università di Ratisbona, una riflessione su Fede e Ragione. Richiamando le parole pronunciate nel 1391 dall'imperatore bizantino Manuele II Paleologo davanti ad un interlocutore persiano, Ratzinger disse:

"Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava"

Tali parole avevano causato innumerevoli manifestazioni di protesta nel mondo musulmano, con assalti a luoghi di culto cristiani, incendi di chiese, minacce di morte al papa. A Mogadiscio fu uccisa una suora, si disse a causa di quelle incaute parole. In realtà ogni anno nel mondo musulmano centinaia di cristiani continuano ad essere uccisi a vario titolo, senza suscitare nell'opinione pubblica occidentale grandi discussioni, e nonostante il cambio di guardia in Vaticano con un pontefice islamofilo. Quest'ultimo, allora ancora cardinal Bergoglio di Buenos Aires, si era infatti distinto più di altri colleghi nel distanziarsi da quel controverso discorso del suo capo, giudicandolo inopportuno e dannoso. Probabilmente già scalpitava per prendergli il posto.

Poi si era giunti nel 2011 alla rottura dei rapporti tra Vaticano ed Al-Azhar, la "luminosa" sede al Cairo del pensiero religioso e giuridico sunnita. Ad Alessandria d'Egitto l'ennesimo attentato islamista aveva causato una strage di fedeli davanti ad una chiesa copta. Papa Benedetto aveva dunque espresso la sua condanna per il
"vile gesto di morte che offende l'umanità intera".
Al-Tayeb, grande imam di Al-Azhar reagì inviperito alle parole del pontefice, giudicandole
"un intervento inaccettabile negli affari interni dell'Egitto. Perché il papa non ha chiesto la protezione dei musulmani massacrati in Iraq?"



Ahmed Al-Tayeb, che ad Abu Dhabi si è visto abbracciato e sbaciucchiarsi pubblicamente con Bergoglio, non è un islamico radicale, come lo vorrebbero i suoi detrattori in occidente. Non è nemmeno un islamico moderato, come ce lo dipingeva Laura Boldrini nel 2016, quando una resistenza bipartisan fece fallire il suo progetto di farlo parlare in Parlamento di Islam e Pace. Egli è semplicemente un musulmano colto, che cerca di tenere fede agli insegnamenti del Corano e delle sue quattro scuole di interpretazione sunnite. E come teologo e "papa sunnita", la sua parola è molto ascoltata da gran parte dei seguaci di Maometto. Non devono pertanto stupire più di tanto i suoi acuti di antisemitismo, espresso a più riprese in patria. Durante l'ultima intifada, ad esempio, incoraggiò gli attacchi dei kamikaze palestinesi, dicendo che "le coltellate inferte agli ebrei non sono forma di terrorismo, ma di resistenza". Per Al-Tayeb, Islam, religione e sistema legale sono cosa unica e inseparabile. Pertanto la Sharia deve governare ogni aspetto della società umana.

Ed è proprio qui che tutti i nodi vengono al pettine, perché la Sharia, invocata dai musulmani emigrati in Europa, appare incompatibile con le Costituzioni occidentali. Eccoci dunque alla sostanza dello "scontro di civiltà", come descrive bene Samuel Huntington. La Sharia infatti non prevede separazione tra moschea e stato. Donne non hanno pari diritti rispetto agli uomini, perché considerate inferiori. I musulmani sono superiori ai non-musulmani. Il Jihad contro gli infedeli è precetto religioso. Insultare la religione è oggetto di condanna. L'apostasia è punibile con la morte. La libertà di parola è limitata, come limitata è la libertà sessuale, L'omosessualità è proibita. I non-musulmani che devono vivere sotto la Sharia sono oggetto di tutta una serie di discriminazioni.
Lo stesso Huntington, così disprezzato e deriso dalla intellighenzia di sinistra, ebbe a dire:

"Alcuni occidentali affermano che l'Occidente non abbia problemi con l'Islam, ma soltanto con estremisti islamici violenti. 1400 anni di storia stanno lì a dimostrare il contrario".

Questi "alcuni occidentali", tipo Laura Boldrini e i suoi compagni di merende, sono proprio coloro che srotolano tappeti rossi ai piedi di Al-Tayeb, invitandolo a prendere parola a convegni e parlamenti. Ed egli, investito di tanto onore, racconta alle platee estasiate d'Italia, Francia, Svizzera, Germania e Stati Uniti esattamente ciò che esse vogliono sentirsi dire. Ovviamente l'imam non parla del Cristianesimo come religione fallita, che sarebbe il suo autentico pensiero, come vorrebbe pure dimostrare in un libercolo edito da Al-Azhar. Mentre in Egitto bruciano le chiese, i cristiani sono massacrati e le loro case distrutte, Al-Tayeb, maestro di taqiya, ovvero dell'arte della dissimulazione islamica, sostiene tra gli applausi che l'Egitto rappresenta il più alto esempio di unità nazionale tra musulmani e cristiani. Terrorismo islamico? Impossibile. Terrorismo è quello americano in Iraq, buddhista contro i Rohingya ed ebraico contro i palestinesi. Nell'Islam non c'è costrizione. Islam è religione di pace, cooperazione, misericordia. L'Islam crede nella libertà di espressione e nei diritti umani.
Davanti alla credulità occidentale Al-Tayeb si diletta a dipingere dunque un Islam fantasioso, spesso lontano mille miglia dalla realtà dei fatti, ed incassa consensi. Poi una volta ritornato in Egitto, riprende il suo linguaggio di sempre, saldamente ancorato nei testi sacri della sua fede. Anche perché altrimenti nessuno lo capirebbe e verrebbe subito destituito da tutte le sue prestigiose cariche.



Ma veniamo al viaggio di papa Francesco ad Abu Dhabi.
 Gli Emirati Arabi Uniti sono la metafora perfetta del racconto di Aladino e il Genio della Lampada. La lampada sono i pozzi, e il genio che ne esce è il petrolio che permette ogni capriccio. E fu così che da quell'arida costa riarsa dal sole sorsero città favolose, lussuosi alberghi, grattacieli arditi, giardini lussureggianti, impianti di desalinizzazione dell'acqua del Golfo Persico, moschee bianchissime ed eleganti, specchiantisi in laghetti prospicienti, autostrade a 5 corsie, musei, ospedali, stadi, ippodromi. Pensare che poche generazioni or sono gli abitanti qui erano poverissimi, dediti alla pesca delle perle e delle spugne. Se poi magari di lì passava qualche nave troppo sotto costa, questa veniva testé assaltata e saccheggiata. Da qui deriva quel nome antico di "Costa dei Pirati". Gli emiratini sono soltanto il 16% della popolazione, sono ricchi, e godono di ogni sorta di privilegio, tra cui quello di non pagare le tasse. Tutti gli altri, gli stranieri cioè, sono adibiti alla maggior parte dei lavori: edilizia, impianti, pulizia, giardinaggio. Molti di loro sono operai africani, filippini, indiani, indonesiani, pakistani, bengalesi. Sono sfruttati come moderni servi della gleba, sopravvivendo con paghe da fame in tuguri da 10 e più per camera, senza tutela alcuna se non la aleatoria benevolenza del datore di lavoro. Gran parte del sistema legale è basato sulla Sharia.


Il principe ereditario e capo delle forze armate Mohammed Bin Zayed, da cui era partito l'invito a papa Francesco ed a Al-Tayeb, attendeva gli ospiti nell'ampio cortile del palazzo presidenziale, coi massimi onori e grande sfarzo. Gli faceva spalla il collega, l'emiro di Dubai, Mohammed pure lui, ma Bin Rashid alla fine. Si dice che MBZ abbia molta influenza su un terzo Mohammed, il Bin Salman (MBS) potentissimo sovrano dell'Arabia Saudita confinante, quello che si vantava al recente G20 di Buenos Aires di tenere in pugno il destino di molti paesi occidentali. Insieme hanno da tempo stretta una alleanza politica, militare e culturale in funzione antisciita. Pertanto hanno sostenuto e foraggiato per anni i terroristi sunniti in Siria ed Iraq, per arginare l'espansione iraniana in Medio Oriente. Continuano a dare aiuti ai talebani afghani. Finanziano la costruzione di moschee in Indonesia, favorendo l'avanzare di un Islam ad impronta wahabita. Poi hanno pure lanciato insieme una sanguinosa guerra santa contro gli Houti sciiti in Yemen. Con 1 milione e mezzo di abitanti, gli Emirati spendono ogni anno 22 miliardi di $ in armi, più dell'Italia. È evidente che MBZ voglia usare politicamente Francesco, sfruttando la sua immagine, il suo buonismo e la sua islamofilia per rifarsi una verginità agli occhi della opinione pubblica mondiale, essendosi conclusa per ora, anche grazie all'intensa attività diplomatica della amministrazione Trump, la pericolosa deriva dell'Isis.



Poco prima di partire da Roma, il pontefice aveva definito gli Emirati

"Un modello di convivenza, di fratellanza umana e di incontro tra diverse civiltà e culture, dove molti trovano un posto sicuro per lavorare e vivere liberamente nel rispetto delle diversità. Un paese tollerante ed aperto al dialogo, paladino delle minoranze".

Il papa tenne poi un lungo discorso all'aperto, proprio davanti al "Founder's Memorial". Alle sue spalle era visibile in tridimensionale, per gioco di migliaia di luci, il volto gigantesco del fondatore degli Emirati, lo sceicco Zayed Bin Sultan.
Bergoglio esordì con un "Salam Aleikhum", e quella fu l'unica interazione col pubblico. Poi seguitò a leggere con vellutata voce un pippone soporifero che sceicchi e prelati quasi non resistettero di ascoltare desti fino in fondo.
Dissertò di amicizia tra i popoli, di pace e fratellanza umana, dell'unico Dio per tutti, di uguaglianza davanti a Lui e di rispetto delle diversità. Condannò ogni forma di violenza, e le strumentalizzazioni della religione a tal motivo e a scopo di guerra. Le religioni umane non siano frontiere di separazione, ma ponti di fratellanza. Il dialogo interreligioso non sia abdicazione della propria identità, bensì riconoscimento di alterità. Senza libertà di religione l'uomo è schiavo. Condanna della tratta degli esseri umani e delle forme moderne di schiavitù. Elogio degli emiri, capaci di far fiorire il deserto. Eccetera, eccetera.

Dello stesso tenore del discorso è il documento "Fratellanza umana per la Pace mondiale", sottoscritto con Ahmed Al-Tayeb poco prima del bacio. È sorprendente come il papa racconti in giro come un pappagallo le panzanate suggeritegli dal grande imam, come ad esempio la negazione dell'esistenza del terrorismo islamico, o l'Islam religione di pace, privo di ogni forma di violenza. Su Al-Tayeb Bergoglio si espresse così:

"Ho avuto una lunga conversazione con l'imam dell'università di Al-Azhar. So come pensa. Egli cerca pace, incontro e dialogo"

Mentre nel mondo vi sono 200 milioni di cristiani che subiscono angherie e soprusi di ogni genere, specie nei paesi a maggioranza islamica, Bergoglio insiste che l'Islam sia "privo di violenza". Questo modo di pensare dovrebbe far sorgere più di un dubbio sulla attendibilità di questo pontefice, e sulla sua capacità di analisi critica. Dopo decenni di attentati dove i terroristi erano quasi tutti islamici, ci vuole una iperbole di ragionamento per confutare ciò che apparirebbe ovvio anche ad un bambino: cioè l'appartenenza dei terroristi all'Islam, e l'Islam ai terroristi. Senza per questo volere a tutti i costi implicare che dunque quasi tutti i musulmani siano attentatori. Ma il contrario è purtroppo verità che sta sotto gli occhi di tutti quelli che la vogliono vedere, dubitando spesso che essi siano maggioranza. E poi va detta un'altra cosa. Tutto questo rimarcare che l'Islam sia Religione di Pace, quasi che le altre religioni non lo siano, quasi a voler celare 1400 anni di jihad dall'Indonesia al Marocco, dalle steppe asiatiche alle mura di Vienna, sortisce il curioso effetto di suggerire anche qui esattamente l'opposto.



In questo viaggio Bergoglio si è visto così ripercorrere le orme del santo di cui ha scelto di portare il nome. Infatti davanti alla platea musulmana di Abu Dhabi, si è detto essere "soldato di pace come Francesco". Per Bergoglio il santo di Assisi era uomo di povertà, portatore di pace, amante e protettore del creato, esploratore del dialogo interreligioso. Infatti Francesco, con diversi suoi frati, era partito nel giugno del 1219 dal porto di Ancona alla volta della Terrasanta. Durante tale viaggio ebbe un incontro in Egitto con il sultano al-Malik-al-Kāmil, al quale predicò il vangelo sperando di convertirlo al Cristianesimo. La missione fallì, e fu già tanto che salvò la pelle propria e dei confrati. Qui San Francesco però non appare essere storicamente quel figlio dei fiori medievale come una certa narrativa progressista se lo immagina. Il patrono d'Italia non era certo un hippy mistico, fondatore di una comune ecologista, animalista, pauperista ed ecumenica. Intanto vediamo che egli dispose di fondi sufficienti per finanziare, per sé ed i compagni, un lungo viaggio in terra straniera ed ostile. Inoltre il suo incontro col sultano sta a dimostrare che egli si muoveva con dimestichezza sul palcoscenico del potere, che era in tale occasione investito dell'approvazione da parte del delegato pontificio, e che agiva nel contesto delle complesse dinamiche della V Crociata, allora in corso in Egitto. Infine Francesco, secondo le testimonianze, intendeva cambiare il cuore del sovrano, e portarlo alla fede nel Dio uno e trino, proprio nel frangente in cui quel sultano maggiormente soffriva la pressione militare crociata, e rischiava di capitolare. Rivendicò di essere l'inviato del Signore, e di portare la verità a tutti gli uomini, compresi gli infedeli.

La missione di Papa Francesco non era certamente intesa a cambiare i cuori degli emiri e dei loro sudditi. Ciò non sarebbe stato coerente con la sua filosofia esaltante la "alterità" e la verità degli altri. Non sappiamo se Bergoglio abbia afferrato che San Francesco intendesse convertire piuttosto che impegnarsi nel dialogo interreligioso. Probabilmente il dettaglio non gli interessa poi molto, visto il modo con cui, a differenza di Benedetto, approccia la complessa storia europea e le innumerevoli battaglie combattute contro i saraceni al fine di conservare il continente al Cristianesimo. Magari avrebbe evitato di presentarsi come "soldato di pace come Francesco" alla sensibile platea musulmana, se egli avesse avuto sentore di quel coinvolgimento attivo del santo durante la crociata indetta dal suo predecessore Onorio III.
Fatto sta che a Bergoglio gli emiri concessero di celebrare messa nel grande stadio di Abu Dhabi, in presenza di migliaia di fedeli. Era la prima volta per un Papa nella penisola arabica, evento senz'altro rimarchevole.

Evidentemente per gli emiri, il viaggio di Bergoglio nella Costa dei Pirati, ed il bacio con Al-Tayib, valgono bene una messa.

E con quel bacio Bergoglio trasformò la ripugnante finzione fotografica benettoniana di allora in realtà. Ma non tutti, in Vaticano e fuori, ne furono contenti.


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