AD UN ANNO DAL VOTO NAZIONALE IL MOVIMENTO CINQUE STELLE È IN STALLO




Ad un osservatore straniero alcuni risvolti politici della curiosa alleanza tra
Movimento 5 Stelle e Lega potrebbero apparire difficili da comprendere. A tal scopo i faziosi giornaloni di sinistra non possono certo essergli di grande aiuto. Essi sono infatti troppo occupati a soffiare sulle contraddizioni che suddetto sodalizio politico reca in sé, e gufano insieme al neoeletto segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti  e nonno Berlusconi affinché il governo presto cada.

Intanto ci si ricorderà del risultato delle urne di un anno fa, quando emersero vincitori i populisti del Movimento Cinque Stelle (M5S) ed i sovranisti della Lega. Insieme decisero di dar vita appunto al governo detto "Giallo-Verde", con una distribuzione dei dicasteri decisamente a favore dei gialli, avendo il M5S raccolto da solo oltre il 30% delle preferenze, e la Lega 18%. La gravidanza dei 9 mesi di tale governo ha però già partorito una sorpresa: gli italiani gravitano sempre di più  intorno al sovranismo, e sempre di meno intorno al populismo. Questa tendenza viene registrata ormai da diversi mesi da parte di vari sondaggisti, alcuni dei quali danno attualmente il M5S sotto il 26%, con la Lega che punta al 32%. Un vero e proprio ribaltone, che difficilmente non potrà non avere conseguenze per gli equilibri e la composizione del governo. Questi dati sono del resto ampiamente confermati dalla realtà dei fatti, cioè dai risultati delle recenti tornate elettorali svoltesi in alcune regioni del nostro paese.


Da quando il governo Conte si è insediato, il M5S sta infatti inanellando cocente sconfitta dopo cocente sconfitta nelle elezioni regionali, seguendovi la stessa china del Partito Democratico (PD). Invece la Lega, che in tali particolari consultazioni si presenta saldamente unita al centrodestra di Forza Italia e Fratelli d'Italia, fa man bassa di conquiste: in aprile Friuli e Molise, in maggio Valle d'Aosta, in ottobre Trentino, e in febbraio di quest'anno pure Abruzzo e Sardegna. I cittadini italiani da Sud a Nord stanno insomma premiando 6 a zero la strategia di Salvini, il quale succhia consensi a destra e manca, ivi compresi tanti voti sottratti proprio sotto il naso dei propri amici di governo.
Luigi di Maio si rende conto ora che la luna di miele con la Lega assomiglia sempre di più ad un bacio della morte. E Matteo Salvini sorride da dentro la sua botte di ferro: il proseguo del governo Conte gli porterà a breve ancora più favori, ma se il sodalizio col M5S dovesse interrompersi, una nuova tornata elettorale gli permetterebbe di capitalizzarli subito, tali consensi.


Il M5S sta evidentemente pagando lo scotto delle numerose contraddizioni che lo hanno da sempre caratterizzato. Del resto è inevitabile che alla fine tutti i nodi vengano al pettine. Non si può infatti essere sempre contrari alle grandi opere ed agli investimenti ad essi connessi, perché sarebbero mangiatoie per il potere politico e per le mafie, perché sarebbero  antiecologiche, e perché piace tanto la idealizzata Decrescita Felice di Serge Latouche. Sono mesi che il M5S sta così bloccando il proseguo dei lavori del raddoppio della linea ferroviaria Torino-Lione (TAV), che vede invece favorevoli quasi tutti gli altri partiti, PD compreso. I cittadini poi non capiscono proprio il motivo di rinuncia a tale grande progetto, che porterà posti di lavoro e sviluppo economico. Folle appare loro il rischio di dover ripagare alla Francia ed all'Unione Europea oltre due miliardi di € già investiti, con in aggiunta il versamento di eventuali penali. Anche la credibilità internazionale dell'Italia ne uscirebbe assai danneggiata, ed infine quasi nessuno capisce le rimostranze ecologiche che il M5S muove all'opera, dato che il trasporto delle merci su rotaia tra Francia e Italia domani risulterebbe decisamente meno inquinante del trasporto su gomma, come avviene oggi.

In realtà il M5S si è spaccato in un'ala realista e pragmatica, che fa capo a Luigi Di Maio vice Primo Ministro nonché titolare del dicastero del lavoro, e ad Alfonso Bonafede ministro della Giustizia. E poi in un'ala giacobina-pauperista, che si riconosce nel carisma del battitore libero Alessandro Di Battista e nel presidente della Camera Roberto Fico, che del loro schierarsi a Sinistra ne fanno gran vanto e giammai mistero.
Queste due anime del Movimento vorrebbero tanto ostentare unità di vedute, ma inciampano continuamente per  indossare scarpe spaiate. Sono come il guercio e lo zoppo che litigano su quasi tutto mentre strada facendo epurano zavorre di deputati scontenti. Pertanto gli umori all'interno del Movimento sono in continua ebollizione. Zingaretti vorrebbe spaccare il M5S per raccoglierne qualche coccio, in vista di elezioni venture.


Nel Movimento la maretta è abituale, è anzi insita nel suo dna.
Alcuni sono a favore dei vaccini, mentre altri ne proclamano peste e corna.
Alcuni sono per l'Euro e l'Unione Europea, altri invece del tutto contrari.
Si dicevano contrari al gasdotto TAP ( Trans Adriatic Pipeline ), ed ora sono a favore.  Ma per non scontentare del tutto i propri elettori ambientalisti pugliesi, stanno tentando in compenso di bloccare il progetto della East Med Pipeline, da Cipro ed Israele all'Italia.
Il M5S era contrario al TRIV (trivellazione di idrocarburi davanti alle coste), ma l'alleato Lega glielo ha fatto ingoiare.

Gli iscritti al Movimento votano su questioni varie sopra una piattaforma della rete, chiamata "Rousseau" in onore del filosofo svizzero. Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio individuavano infatti in lui il padre fondatore della democrazia diretta.
Ma quel creatore del "Mito del Buon Selvaggio" potrebbe pure essere riconosciuto come il capostipite del sentimentalismo tipico della Sinistra, che spalma chili di marmellata umanitaria buonista su ogni singolo africano sbarcato in Sicilia.
Sulla piattaforma Russeau il 40% degli iscritti al M5S votava per far processare dalle toghe rosse il ministro dell'Interno Salvini, colpevole di "sequestro di persone" (gli eritrei salvati dalla nave Diciotti). Per fortuna il 60% era contrario.


Luigi Di Maio nel 2017 mandava una lettera al presidente francese Macron, scrivendogli tra l'altro che il M5S ben si riconosceva nella sua République en Marche. A febbraio di quest' anno lo stesso Di Maio incontrava a Parigi una delegazione estremista dei Gilets Jaunes, strofinando così sale a piene mani dentro le note piaghe della relazione Italia-Francia.
A Roma i grillini votano insieme alla la Lega per porre freno all'immigrazione clandestina, mentre a Bruxelles votano con le Sinistre a favore dei migranti.
È successo pure che Beppe Grillo nel 2017 aveva addirittura tentato di abbandonare il gruppo euroscettico EFDD di Nigel Farage nel Parlamento Europeo, per far confluire il M5S nel gruppo eurofilo ALDE di Guy Verhofstadt!

Il M5S insomma un giorno è sul pero e l'altro sul melo.

Intanto il governo ha sbrigliato il Reddito di Cittadinanza (RdC), storico cavallo di battaglia dei pentastellati. Grazie a tale promessa il M5S ha trionfato il 4 marzo dell'anno passato, raccogliendo caterve di voti tra i poveri del Sud Italia.
Ribattezzato dalle malelingue "reddito di cuccanza" (da Cuccagna, paese favoloso di felicità e abbondanza), esso dà il diritto di ricevere una paga di disoccupazione fino a 780€/mese, fin quando non si trova lavoro, o fin quando non si accetta quello che viene proposto. Se il soggetto continua a rifiutare proposte, il RdC gli verrebbe infine tolto.


Guardando però bene in bocca a codesto cavallo, si scoprono numerosi cavilli.

Intanto c'è da chiedersi quali siano tali proposte di lavoro, se è proprio il lavoro quello che manca! E se qualche volta esso c'è, è anche sottopagato. Nel Nord il 21% dei lavoratori guadagna meno di 780€ al mese, nel Centro sono il 27%, e nel Sud salgono al 37%. In Italia abbiamo 15 milioni di poveri, di cui 5 milioni in povertà assoluta: disoccupati, inoccupati e precari. Ufficialmente si conteggia come occupato chi guadagna 50€ mensili lavorando appena un'ora per settimana. Dov'è dunque l'incentivo a lavorare per 780€ al mese, se poi i soldi arrivano lo stesso, e magari si può arrotondare in nero?
Al buon cuore del leader del sindacato CGL, alla sinistra del PD e a Liberi e Uguali il RdC piace. Ragionare sui cavilli invece non aggrada. Ma bisognerà pur chiedersi se gli organismi preposti ( servizi comunali, uffici postali, patronati, caf, inps, centri di impiego) abbiano acquisito le necessarie competenze e strumenti a gestire la notevole complessità del RdC.

Quale è poi il livello di sicurezza del sistema, tale da escludere corruzione ed infiltrazioni mafiose? Chi effettua la verifica delle spese, e con quale frequenza? Chi controlla i controllori? Come può la Guardia di Finanza questa volta stanare con efficacia i soliti furbetti, quando nel paese gli evasori fiscali continuano a farla franca? Può un paese che non cresce e indebitato permettersi una misura dispendiosa come il RdC? Non scaturisce la sua copertura da ulteriori aumenti di tasse e tagli di spesa in settori già spolpati dalla perdurante crisi e dall'austerità imposta da Bruxelles?
A detta di molti osservatori meridionali, il RdC è proprio la misura ideale per affossare definitivamente il Sud del paese, che invece ha bisogno urgente di posti di lavoro ed investimenti, non già di altro assistenzialismo. Si dice che la strada che conduce all'inferno sia lastricata di buoni propositi. Il RdC parrebbe proprio essere uno di quelli: tassazione del lavoro e premio di disoccupazione. Cioè la perfetta trappola per ulteriore povertà.

Questa serie di contraddizioni mettono sotto pressione la tenuta della coalizione di governo. La Lega è a favore di lavoro, sviluppo, investimenti, gasdotti, TAV, necessità di difendere i confini, lotta alla malavita. Salvini a microfoni spenti sbuffa che non ne può più di inseguire le continue turbolenze grilline, ma ufficialmente dichiara che il governo non corre rischi di crisi. Gli fa eco pure il Primo Ministro Giuseppe Conte, appena dopo aver respinto le dimissioni del proprio ministro dei Trasporti M5S durante una recentissima tavolata intragovernativa proprio sulla TAV.
L'anima levogira del Movimento ha condizionato il governo a non schierarsi contro il narco-dittatore del Venezuela Maduro, in ottemperanza a quella irresistibile attrazione che le Sinistre da sempre ostentano per i tiranni. Inoltre quella stessa anima ha pure imposto l'astensione dei partiti di governo in occasione del voto sul Global Compact for Migration

La politica è anche questo: un torbido distillato di mediazioni e temporeggiamenti, un "do ut des" che spesso agli elettori dei diversi schieramenti sfugge, specie quando ciò sembra fare a pugni con coerenza e buon senso.
Il governo Giallo-Verde sotto questo aspetto non fa certo eccezione, e pertanto sembra voler continuare a veleggiare d'amore e d'accordo tra irti scogli e pescicani in agguato, almeno fino alle prossime elezioni europee di maggio.

Dopodiché nuove alleanze e diversi scenari politici potrebbero facilmente aprirsi.









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